Cresciuto con la mentalità mafiosa: la polizia di Stato e l’ufficio servizi sociali per i minorenni, con provvedimento del Tribunale, hanno allontanato un ragazzo dai proprio genitori, legati alla ‘ndrangheta.
Plauso al questore di Reggio Calabria Raffaele Grassi ed ai colleghi tutti
Un 15enne calabrese, figlio di un boss della ‘ndranghetea, è stato allontanato dalla famiglia su decisione del Tribunale dei Minori. “La speranza è che adesso il minore abbia la possibilità di scoprire una realtà diversa rispetto a quella in cui è vissuto fino adesso”, ha dichiarato il questore di Reggio Calabria.
Figlio di un boss, nato, cresciuto ed educato al rispetto dei “sub-valori della cultura ‘ndranghetista”, in un paesino vicino a Gioia Tauro. Il destino di Giovanni, nome di fantasia di un 15enne calabrese, sembrerebbe già scritto e per questo, per interrompere quel “ciclo che trasmette ai più giovani l’appartenenza ai clan”, si è deciso di allontanarlo dalla famiglia, togliendo la potestà genitoriale al padre, arrestato pochi mesi fa dopo una lunga latitanza.
Finire in carcere, nella migliore delle ipotesi, sarebbe stato il “destino ineluttabile” di Giovanni. Da qui sono iniziati gli accertamenti della polizia che hanno portato al provvedimento di allontanamento del quindicenne per la “prioritaria esigenza di offrire al minore un modello educativo alternativo, diverso da quello fino al momento proposto dagli stretti familiari, ispirato ai sub-valori della cultura ’ndranghetista”.
“La speranza – ha detto il questore Grassi – è che adesso il minore abbia la possibilità di scoprire una realtà diversa rispetto a quella in cui è vissuto fino adesso, che abbia occhi nuovi per scorgere gli altri colori del mondo”.
Le autorità giudiziarie cercano in questo modo di cambiare il “destino ineluttabile” del giovane. E non si tratta del primo caso. Negli ultimi quattro anni lo stesso Tribunale dei Minori ha tolto diversi minorenni alle rispettive famiglie mafiose. L’obiettivo è sempre lo stesso, come spiega il questore Grassi: “Spezzare il ciclo che trasmette di padre in figlio l’appartenenza al clan”.
Il 15enne vivrà fino al raggiungimento della maggiore età in una struttura lontana dalla Calabria, riprenderà a frequentare la scuola e sarà seguito da operatori professionalmente qualificati. Lo attende una nuova vita, sicuramente migliore.
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