AL SIG. CAPO DELLA POLIZIA
Direttore Generale della Pubblica Sicurezza
Pref. Vittorio PISANI
R O M A
OGGETTO: limitazione soggettiva della facoltà di esercitare la libera professione.
Giudizio di incostituzionalità riferito agli psicologi dell’Arma dei Carabinieri.
Richiesta di intervento per l’estensione degli effetti in favore degli psicologi,
degli infermieri e delle altre professioni sanitarie e tecnico-professionali della
Polizia di Stato.
Egregio Signor Capo della Polizia,
come sicuramente Le è noto la scrivente organizzazione
sindacale ha costituito, oramai da circa un decennio, il Comitato Nazionale Tecnici che, da
ultimo con comunicato del 17 ottobre scorso, ha lanciato un grido di allarme per la continua
defezione dall’Amministrazione degli appartenenti alle carriere dei Funzionari dei ruoli
tecnico-scientifico e professionale, a causa della sua scarsissima capacità attrattiva sia
economica che professionale.
Infatti, sempre più frequentemente, da un lato questi professionisti decidono di
prosciogliersi migrando verso un mercato del lavoro più agile, dinamico e fertile per le loro
aspettative e, dall’altro, registriamo un preoccupante calo delle assunzioni rispetto ai posti
messi a bando.
In questo contesto si inserisce la nostra odierna proposta di estendere agli psicologi e
agli infermieri della Polizia di Stato, la medesima facoltà derogatoria riconosciuta ai medici
dall’entrata in vigore, il 7 luglio 2017, della modifica dell’art. 52 bis del d.lgs. n. 334 del
2000, che prevede espressamente che : “1.Ai medici e ai medici veterinari della Polizia di
Stato non sono applicabili le norme relative alle incompatibilità inerenti all’esercizio delle
attività libero-professionali, fermo restando il divieto, per i medici, di svolgere attività libero
professionale, a titolo oneroso, nei confronti degli appartenenti all’Amministrazione della
pubblica sicurezza e nei procedimenti medico-legali nei quali è coinvolta, quale controparte,
la stessa Amministrazione.”
Tale nostra richiesta trova conforto nella sentenza nr. 98/2023 della Corte
Costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 210, comma 1 del
decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), nella parte in cui
non contempla, accanto ai medici militari, anche gli psicologi militari tra i soggetti a cui, in
deroga all’art. 894 del codice medesimo, non sono applicabili le norme relative alle
incompatibilità inerenti l’esercizio delle attività libero professionali, nonché le limitazioni
previste dai contratti e dalle convenzioni con il servizio sanitario nazionale.
Tenuto conto delle articolate argomentazioni e della ricostruzione del quadro
normativo di riferimento operato dalla “Corte”, appare del tutto evidente, a nostro sommesso
giudizio, la piena equiparabilità tra gli psicologi dell’Arma dei Carabinieri e quelli della
Polizia di Stato, <<…a prescindere dall’eventuale diversità di ruoli e di progressione di
carriera, che può riscontrarsi nell’ambito dei rispettivi corpi sanitari di appartenenza. Anche
perché, alla luce dell’analisi sin qui svolta, non emergono ragioni che giustificano il
riconoscimento della predetta facoltà esclusivamente ai medici militari>>.1
Per altro verso, riteniamo utile richiamare un principio generale già affermato dalla
giurisprudenza del Consiglio di Stato e ripreso dalla Corte dei Conti << …la cui ratio è stata
individuata “in esigenze di interesse generale, sia della collettività civile che
dell’amministrazione militare, esigenze che il medico militare è in grado di soddisfare per la
peculiarità della sua figura, la quale deve assommare alle doti professionali tutte le più
spiccate virtu’ militari (art. 209 C.O.M.). Questa duplice dimensione (medica e militare) ha
sempre rappresentato e continua a rappresentare, quindi, l’essenza e il fondamento della
deroga alla regola dell’incompatibilità a favore degli ufficiali medici al fine di consentire
l’osmosi tra esperienza nel contesto civile e professionalità nel settore militare “2
A corollario si osserva che << detta ratio riposa anche nell’esigenza di consentire alle
Forze armate, e dunque anche alla Polizia di Stato, di rendersi “attrattive”, sia sul piano
economico che professionale, per poter disporre di medici appartenenti ai propri ruoli (per
così dire, “in divisa”), al fine di corrispondere alle specifiche esigenze operative ed
istituzionali, altrimenti destinate a rimanere insoddisfatte con il ricorso agli unici strumenti
alternativi possibili, costituiti dalle strutture del Servizio sanitario nazionale ovvero dai
medici convenzionati>>3
Le argomentazioni sin qui svolte, grazie anche al prezioso ed inequivoco
pronunciamento sia in sede giurisdizionale che di legittimità costituzionale, ci induce a
ritenere indispensabile una tempestiva e convinta iniziativa del Dipartimento della P.S. e Sua
personale, affinché vengano immediatamente rimossi gli ostacoli legislativi e/o
regolamentari che impediscono agli psicologi della Polizia di Stato di esercitare la libera
professione, al pari dei loro colleghi dell’Arma dei Carabinieri, onde evitare, t ra l’altro,
un’irragionevole disparità di trattamento tra le due categorie che, sotto il profilo in
esame, sono tra loro omogenee e, in quanto tali, suscettibili di valutazione comparativa.
Nel rinviare ogni ulteriore valutazione tecnico-giuridica alle sentenze sin qui accennate
e nel richiamare il contenuto dell’art. 1 della legge 11 gennaio 2018, n. 3 (Ordini delle
professioni sanitarie) che contempla al suo interno sia gli ordini dei medici che quelli degli
psicologi e delle professioni infermieristiche, riteniamo pertinente e doveroso che anche per
le professioni sanitarie della Polizia di Stato organizzate in ordini e collegi (farmacisti,
chimici, fisici, biologi, fisioterapisti, tecnici sanitari di radiologia medica e delle professioni
sanitarie tecniche, delle riabilitazioni e della prevenzione) venga prevista esplicitamente la
facoltà di esercitare la libera professione, ovviamente con prescrizioni analoghe a quelle
previste per i medici, veterinari e psicologi.
Si consideri, inoltre, che per gli psicologi, gli infermieri come per i medici e
appartenenti alla polizia di Stato, <<l’esercizio dell’attività libero professionale
soddisferebbe una pluralità di interessi: quello della comunità civile, che può avvalersi di
specifiche professionalità maturate in ambito militare (o Polizia di Stato, n.d.r.), quello
dell’amministrazione militare (o Polizia di Stato, n.d.r.), che può giovarsi di personale di
variegata esperienza, quello dell’ordinamento generale, che attuereb be modelli integrati di
assistenza tra strutture sanitarie civili e militari, quello «del professionista che può affiancare
[…] l’attività libero professionale a quella del pubblico impiego, arricchendo il proprio
bagaglio di esperienza>>.
In conclusione ci sembra doveroso sottolineare l’importanza di governare i processi di
modernizzazione della nostra Amministrazione, senza attendere gli strascichi e gli esiti di
iniziative giurisdizionali tanto frustranti quanto scontate, non foss’altro c he per l’excursus
giudiziale e costituzionale sin qui esposto.
A tale ultimo riguardo, ove risultasse confermata la notizia della pendenza di un ricorso
presentato dall’ordine degli psicologi anche in nome e per conto di taluni psicologi della
Polizia di Stato, confidiamo che alla difesa erariale, ove costituita, siano offerti in valutazione
utili spunti difensivi in linea da un lato con la necessità di assicurare pari dignità ed
opportunità tra i “nostri” psicologi e quelli dell’Arma dei Carabinieri e, dall’altro,
nell’interesse dell’Amministrazione della P.S. a giovarsi di personale ancor più qualificato e
motivato.
Infine, non ci pare fuori luogo richiamare, in questo contesto, l’opportunità di allargare
lo studio di fattibilità di un progressivo riconoscimento della facoltà di esercitare la libera
professione, nei limiti stabiliti dalla legge e/o dai regolamenti, anche ad altre professioni di
natura tecnica o tecnico scientifica, già presenti negli organici della Polizia di Stato,
organizzate in ordini o collegi.
Tenuto conto della rilevanza delle questioni qui tratteggiate, confidiamo che Ella
voglia accordarci un incontro propedeutico, ove ritenuto opportuno, alla costituzione di un
tavolo tecnico di confronto.
Distinti saluti.
1. Cfr. sentenza nr. 98/2023 della Corte Costituzionale
2. cfr. sentenza Cons. Stato, sez. II, 10 febbraio 2022, n. 24
3. sentenza n. 129 del 23 febbraio 2023 della Corte dei Conti, sezione giurisdizionale del Lazio
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